Diagnosi del carcinoma prostatico

Diagnosi del carcinoma prostatico attraverso risonanza magnetica multiparametrica e biopsie stereotassiche di fusione con le immagini di risonanza magnetica

La biopsia prostatica stereotassica con tecnica “Fusion”

Il tumore della prostata rappresenta attualmente la neoplasia maligna con più alta incidenza e prevalenza nella popolazione maschile.
La diagnosi si basa sull’esame isto-patologico dei frustoli di tessuto prostatico ottenuti mediante biopsia. Sino ad alcuni anni fa tale procedura diagnostica veniva effettuata esclusivamente su guida ecografica (biopsia prostatica standard a 10-12 prelievi). L’ecografia non permette di identificare e di conseguenza pungere aree neoplastiche, che possono risultare indifferentemente ipo-, iso- o iper-ecogene. La procedura viene in pratica eseguita alla cieca e questo giustifica la scarsa accuratezza diagnostica. La letteratura dimostra che il tasso di positività neoplastica di tale procedura (“detection rate”) è di circa il 35%. Oltre alla casualità dei prelievi esiste un altro limite della biopsia prostatica standard, ovvero l’incompletezza dello studio diagnostico offerto dalla metodica. Difatti la zona di transizione e la zona centrale della ghiandola non vengono studiate, non essendo sedi di prelievo bioptico. Sappiamo, però, che circa il 15-20% dei tumori hanno origine proprio in queste regioni ghiandolari. Ciò comporta il rischio di eseguire procedure falsamente negative per neoplasia (circa 24% dai dati di letteratura).
I limiti della biopsia prostatica standard in parte sono stati superati mediante l’aumento del numero di prelievi (biopsia di saturazione). Ciò veniva effettuato in pazienti con sospetto persistente di tumore prostatico ma con prima biopsia standard a dodici prelievi negativa. La biopsia di saturazione, infatti, prevedeva l’aumento del numero di prelievi, più di 20, comprendendo nel mappaggio anche la zona di transizione/centrale.
L’introduzione e la sempre maggiore diffusione della Risonanza Magnetica Multiparametrica (mpMRI) ha costituito una svolta nella diagnosi del tumore prostatico. Tale indagine ha infatti permesso al Radiologo di studiare la ghiandola prostatica con una accuratezza diagnostica di gran lunga superiore a quella ecografica. Inoltre nella mpMRI si associa al dato morfologico quello funzionale mediante alcune sequenze (DWI, ADC) che permettono di aumentare ulteriormente sensibilità e specificità dell’esame. Attualmente, come dimostrato da numerosi studi, la mpMRI presenta una elevata sensibilità (circa il 90%) per i tumori prostatici clinicamente significativi, ovvero che presentano un rischio di progressione più elevato e per questo pericolosi per il paziente, non individuando, invece, le neoplasie di basso grado e piccolo volume che più raramente acquisiscono caratteristiche di elevata malignità. Per tali lesioni è indicata, infatti, solo una sorveglianza clinica. Il Radiologo, sulla base delle caratteristiche morfo-funzionali, della lesione prostatica diagnosticata, stabilisce un grado di rischio, secondo una scala di valori definita “Prostate Imaging Reporting and Data System” (PIRADS).
Nel 2012 la Clinica urologica universitaria di Modena, da me diretta, ha introdotto per la prima volta in Italia, terzo Centro in Europa, una nuova tecnica bioptica che si avvale della guida della Risonanza Magnetica Multiparametrica, per eseguire dei prelievi mirati sulle aree sospette precedentemente individuate dal Radiologo al fine di superare i limiti della biopsia tradizionale. Mediante la biopsia RM-guidata, detta stereotassica, possono, infatti, essere biopsiate con precisione millimetrica, lesioni di qualunque dimensione e localizzate in qualsiasi regione della ghiandola prostatica. Ciò permette di ridurre il numero di prelievi bioptici al minimo indispensabile con grande beneficio per il paziente e per il chirurgo che, in presenza di neoplasia prostatica, dovrà sottoporre il paziente ad intervento chirurgico di prostatectomia radicale.
La MpMRI e successiva biopsia stereotassica costituiscono sempre più spesso delle indagini di prima linea, vista l’ampia diffusione della risonanza magnetica multiparametrica nelle Radiologie italiane ed il conseguente aumento di prescrizioni dell’esame radiologico da parte degli Urologi già ai primi sospetti di malattia prostatica. Anche le linee guida Europee (EAU) 2018 ribadiscono l’indispensabilità della biopsia prostatica stereotassica nel paziente con sospetto clinico di tumore prostatico, soprattutto in chi è stato già sottoposto a biopsia standard ma presenta ancora una clinica suggestiva per neoplasia.
La biopsia stereotassica viene effettuata mediante un ecografo sul quale viene installato uno specifico software che permette di “uploadare” le immagini ottenute tramite RM, sia morfologiche sia funzionali, di eseguire un contorno delle lesioni sospette, e svolgere, tramite apposita sonda transrettale, un’ecografia prostatica. L’operatore durante la procedura sovrappone (“fonde”) le immagini ecografiche su quelle della mpRMI in tutte le proiezioni della prostata (sagittale, coronale e assiale) in modo da ottenere un modello tridimensionale della ghiandola e delle lesioni sospette. In tal modo possiamo navigare ecograficamente nella prostata del paziente individuando sull’immagine ecografica le aree da biopsiare e procedere con grande accuratezza e precisione all’attività di prelievo. Tale tecnica viene definita “FUSION” vista la capacità offerta da questo sistema di fondere le immagini ecografiche con quelle della Risonanza precedentemente studiate. Gli ecografi di ultima generazione permettono, inoltre, di aumentare ulteriormente la precisione della metodica in quanto garantiscono la persistenza durante l’intera procedura della perfetta fusione delle immagini eco-RM. Ciò è ottenuto mediante un sensore di movimento, posizionato sul paziente, che percepisce il minimo spostamento della ghiandola prostatica durante la biopsia e, segnalandolo al software, garantisce l’immediato ricalcolo della fusione (“fusione dinamica”) impedendo così il disallineamento delle immagini ecografiche da quelle della RM.
La “detection rate” delle biopsie eseguite tramite tale tecnica rispetto alla biopsia standard sale dal 35 al 50-60% considerando tutti i gradi di PIRADS delle lesioni alla mpMRI. Se si considerassero, invece, esclusivamente i PIRADS 5 la percentuale di positivi sale circa al 90%.
Così come la biopsia standard anche la biopsia stereotassica Fusion può essere eseguita per via transperineale o transrettale. Noi eseguiamo esclusivamente la tecnica transperineale. Il razionale della biopsia transperineale risiede nel tasso di complicanze infettive quasi nullo rispetto alla biopsia per via transrettale, che invece presenta anche complicanze settiche gravi .

Mediante questa metodica riusciamo a diagnosticare in anticipo rispetto ad un tempo le neoplasie prostatiche clinicamente significative consentendo di ottenere elevati tassi di guarigione. Inoltre a breve, in pazienti accuratamente selezionati, inizieremo a trattare i noduli neoplastici con l’innovativa tecnica definita “focal therapy” che permette di curare il tumore, evitando pertanto di rimuovere integralmente la prostata.

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